
Nel cuore della burocrazia britannica si è consumata una delle violazioni
di dati più gravi e imbarazzanti degli ultimi decenni. Un errore umano all’interno del Ministero della Difesa (MoD) ha innescato una catena
di conseguenze potenzialmente devastanti non solo per migliaia
di cittadini afghani in cerca
di asilo, ma anche per decine
di agenti dell’intelligence britannica, operatori delle forze speciali, parlamentari e alti funzionari del governo del Regno Unito. Il fatto risale al febbraio 2022, quando un funzionario del MoD ha compromesso involontariamente un dataset riservato contenente informazioni sensibili su afghani che avevano collaborato con le forze britanniche e stavano cercando rifugio nel Regno Unito. Le ripercussioni sono state immediate: oltre 16.000 persone evacuate, altre 8.000 ancora in attesa
di un passaggio sicuro, e una superinjunction — una misura giudiziaria eccezionale — imposta per due anni al fine
di sopprimere qualsiasi forma
di divulgazione mediatica sul caso.
La portata del danno, tuttavia,
è emersa solo
di recente, quando fonti della difesa hanno confermato che anche nomi
di oltre 100 soggetti britannici altamente sensibili — inclusi agenti dell’MI6, membri dell’SAS, ministri, deputati e alti ufficiali delle forze armate — erano contenuti nei file esposti. Questo incidente non solo ha esposto personale operativo e fonti umane a potenziali rappresaglie, ma ha anche messo in evidenza crepe significative nei processi
di gestione dei dati all’interno del MoD, sollevando interrogativi urgenti sulla catena
di comando, sulla trasparenza istituzionale e sull’effettiva sicurezza delle informazioni classificate. Un errore “devastante” e l’ombra del segreto
di Stato A complicare ulteriormente
la vicenda c’è il fatto che, per oltre due anni, i dettagli del leak sono stati nascosti dietro un bavaglio giudiziario senza precedenti. Solo nei giorni scorsi, in un’udienza pubblica presso l’Alta Corte, è emersa l’entità dell’esposizione. Gli avvocati dei media, rappresentati da Jude Bunting KC, hanno sottolineato come fosse paradossale che il Segretario alla Difesa potesse riferire al Parlamento dettagli che i media, soggetti al divieto, non erano autorizzati a pubblicare. Il giudice ha infine autorizzato
la divulgazione
di tali informazioni. Nel frattempo, il Comitato per l’Intelligence e
la Sicurezza — organismo parlamentare con accesso legale a informazioni classificate — ha denunciato
di non essere mai stato informato del breach. Il presidente del comitato, Lord Beamish, ha definito
la situazione “senza precedenti” e ha chiesto che tutte le valutazioni d’intelligence su cui si basava
la superinjunction fossero consegnate “immediatamente”. Le implicazioni operative Dal punto
di vista tecnico, ciò che rende questo leak particolarmente grave è che i dati esposti non riguardano solo identificativi personali (nomi, contatti, ruoli e affiliazioni), ma anche il coinvolgimento diretto
di soggetti afghani nelle operazioni delle forze speciali britanniche, inclusi i cosiddetti Triples — commandos afghani che avevano ricevuto addestramento, equipaggiamento e stipendi direttamente dal Regno Unito. Uno degli aspetti più controversi è che, per mesi, il governo aveva negato l’esistenza
di pagamenti diretti a questi soggetti. Solo nell’ottobre 2023, con una dichiarazione pubblica del ministro delle forze armate Luke Pollard, è stata confermata l’evidenza
di trasferimenti finanziari ufficiali dal governo britannico a membri delle forze afghane. Ciò significa, in termini
di intelligence, che il rischio
di identificazione da parte del regime talebano non è solo teorico. Molti
di questi individui — come racconta ad esempio Rayan, un giovane afghano rifugiatosi a Islamabad con 16 membri della sua famiglia — vivono in clandestinità in attesa
di una chiamata dal governo britannico che tarda ad arrivare. “È stato terribile scoprire che i nostri dati erano stati esposti. Mi sento come un pallone da calcio preso a calci da una parte all’altra del campo”, ha raccontato. Considerazioni sulla postura
di sicurezza Il caso afghano mette in luce criticità che vanno ben oltre l’errore del singolo. Il leak rappresenta una falla sistemica in un settore — quello della
gestione degli asset umani in contesti post-bellici — dove
la protezione delle informazioni deve essere assoluta.
La presenza nei documenti
di nomi collegati all’intelligence e alle operazioni speciali implica che anche metadati, pattern comunicativi e catene
di relazione potrebbero essere deducibili da una correlazione incrociata
di informazioni. Non è da escludere che una parte
di questi dati possa essere finita nelle mani
di attori ostili — dai servizi segreti pakistani fino ad ambienti talebani o affiliati ad Al-Qaeda. Il rischio reputazionale e le falle procedurali L’ex ministro delle forze armate James Heappey ha definito l’errore “struggente”, pur difendendo
la dedizione del funzionario coinvolto. Tuttavia, ha anche ammesso che il processo decisionale riguardo alle richieste
di asilo da parte dei Triples era “fallace” e che era stato probabilmente malinformato dai vertici militari. Per una struttura gerarchica come il MoD, queste affermazioni equivalgono a un’autocritica devastante: una disconnessione profonda tra le informazioni operative e le dichiarazioni pubbliche. E in un’epoca in cui
la fiducia nella
gestione delle informazioni classificate è vitale per ogni democrazia, episodi come questo rischiano
di minare non solo
la sicurezza operativa, ma anche
la credibilità politica e diplomatica del Paese. L'articolo
Afghanistan, fuga di dati: grave leak per il MoD britannico proviene da
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